L’Opinione non Richiesta – Sei forte, Maestro?

Partiamo da una premessa doverosa: il nostro augurio è che la carriera di Pirlo da allenatore ricalchi quella da calciatore, non tanto per gli straordinari successi con club e Nazionale ma per la curiosità di vedere la Juventus che lo sostituisce in panchina con Guglielminpietro.

Detto questo, è davvero difficile giudicare in maniera adeguata i primi mesi della sua nuova avventura, anche solo per il modo in cui è iniziata: il bresciano è arrivato in bianconero il 30 luglio del 2020 per iniziare questo nuovo percorso e guidare l’Under23 sognando di arrivare presto in prima squadra, con la dirigenza che ha ormai capito che prendere Guardiola è impossibile e si comporta come un ragazzino che non può permettersi un pc troppo costoso e prova a costruirselo da solo.

Lo strappo con Sarri però accelera il processo e dopo l’esonero, il trio composto da Agnelli, Nedved e Paratici vede in Pirlo le caratteristiche perfette per sostituire l’ex Napoli, come ad esempio il non poter chiedere un ingaggio troppo alto.

Il campione del mondo quindi si ritrova a guidare la squadra migliore d’Italia senza nemmeno il patentino (come capitò solo a Maifredi prima di lui) e nell’estate forse più complicata di sempre per preparare una stagione a causa della pandemia.

Per capire come sia realmente iniziata la sua carriera da allenatore, vanno analizzati diverse cose, a partire dalla percezione mediatica: l’immenso credito che Pirlo ha nei confronti del calcio italiano si è fatto sentire nel momento del suo arrivo alla Juventus, con giornalisti e opinionisti pronti già a definirlo “Maestro” o “predestinato” e un ormai famoso discorso di Massimo Marianella a SKY in cui loda l’attuale tecnico juventino e per poco non accusa Sarri anche della strage di Piazza Fontana.

Lodi simili potrebbero dare alla testa a qualunque neo-allenatore ma a dirla tutta, Pirlo si è sempre dimostrato piuttosto impassibile a certe cose (quando normalmente invece è molto emotivo, eh?) e soprattutto ben conscio di essere ancora lontano dallo status di tecnico vero e proprio, come dimostrato dalle parole nella sua conferenza stampa di presentazione.

“È un onore essere qui, spero di guadagnare spazio e convincere il mister a schierarmi già dal primo minuto”.

Tatticamente, i segnali lanciati sono decisamente contrastanti perché il mister bianconero alterna idee moderne ed efficaci (modulo fluido, costruzione a tre, volontà di aggredire alti e buona capacità di occupare la zona d’attacco) a errori che non possono essere riconducibili soltanto all’inesperienza.
Se la sua attitudine a cambiare le partite in corsa sembra essere ancora ben lontana dallo svilupparsi, Pirlo ha dato più volte l’impressione di non saper sfruttare al massimo le caratteristiche dei suoi giocatori ( Bentancur costretto a ricevere basso per costruire l’azione nonostante renda di più fronte alla porta, Cuadrado schierato a sinistra, Bernardeschi in campo e non a fare l’asfalto).

Emblematica in questo senso è la conferenza in cui Pirlo rivela che all’inizio della stagione non aveva ancora chiare le qualità della sua rosa persino sui calci d’angolo, battuti da Kulusevski che li tira male, con McKennie non in area nonostante sia bravo di testa e con Bernardeschi in campo e non a fare l’asfalto.
Sì, mi ripeto perché è un punto molto importante secondo me.

A questo va aggiunto il modo in cui il processo di cambiamento tattico della squadra, specialmente in fase offensiva, sembri essersi interrotto con la Juve che ha abbassato notevolmente il baricentro e la sua pericolosità dalla scoppola in campionato contro la Fiorentina. Anche se va detto che subire un 3-0 dai viola di Prandelli è uno shock così pesante che l’analista del club si è impiccato.

Quindi come si può giudicare l’inizio di carriera di Pirlo?
Dai risultati probabilmente, ma anche qui abbiamo risposte contraddittorie.

La finale di Coppa Italia e la vittoria in Supercoppa italiana sono due soddisfazioni, nonostante quest’ultima cambi continuamente valore per i tifosi a seconda di chi la vince (per questo ribattezzata “Il portaombrelli di Schrödinger”) ma in campionato sono una decina i punti in meno rispetto all’anno scorso, a seconda di come finirà il recupero col Napoli, e l’andata degli ottavi di Champions col Porto è stata l’ennesima brutta figura nell’approccio all’eliminazione diretta della Juventus in Europa.

Tecnicamente i bianconeri sono ancora in corsa per tutti gli obiettivi ma in una stagione in cui è molto difficile trovare il tempo per lavorare e migliorare i propri difetti, è complicato pensare che possano trovare la continuità per recuperare in Serie A e arrivare in fondo in Champions, a meno che l’UEFA non apra una sessione straordinaria di calciomercato per consentire la cessione di Rabiot.

Il tempo ci darà la risposta definitiva ma la cosa più importante è darsi un metro di giudizio univoco per analizzare ciò che Pirlo farà in questa sua prima stagione da allenatore, perché mai come questa volta non si potrà scindere il suo operato da quello della società.
In un’annata in cui la continuità tecnica era più un obbligo che una scelta, Agnelli e co. hanno deciso di rompere con Sarri per i danni nello spogliatoio (dovuti probabilmente al fumo passivo) dando la Juve in mano a quello che di fatto è un non-allenatore: quindi la “scommessa” Pirlo ha il volto del presidente bianconero.
E di conseguenza, un solo sopracciglio.

Gli anni ’10 del Milan hanno dimostrato che è difficile per un tecnico alle prime armi confrontarsi con una piazza importante e riprendersi se le cose vanno male, per questo la speranza è che la crescita di Pirlo possa continuare indipendentemente dall’esito di questa annata.
In modo da poter ammirare una parabola che inevitabilmente, fra qualche anno, lo porterà sulla panchina del Monza.

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