7 domande sulle Olimpiadi invernali a Dario Puppo

Sull’onda dell’assegnazione dei Giochi invernali all’Italia abbiamo intervistato Dario Puppo, commentatore Eurosport di biathlon, curling e altri sport di cui probabilmente ignorate l’esistenza.

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1) Milano-Cortina 2026, dunque. Abbiamo di fronte sette lunghi anni di duro lavoro per dimostrare al mondo di essere degni di ospitare i Giochi olimpici invernali, per dimostrare che sapremo far fruttare gli ingenti investimenti, per dimostrare che sapremo garantire un futuro ai movimenti sportivi. Ma parliamo di cose serie: come lo vedi Thöni ultimo tedoforo?

«Me lo vedo già pronto al cancelletto di partenza: in quanto simbolo della Valanga azzurra sarebbe un degno candidato. Però, visto che ci era rimasto male per non esser stato scelto a Torino 2006, Alberto Tomba sarebbe un altro serio pretendente. Il più grande fenomeno mediatico dello sci, nato in città e diventato Tomba La Bomba. Più bomber di lui chi può esserci per fare gol nella cerimonia di apertura a San Siro?»

2) In molti hanno criticato il logo di Milano-Cortina 2026, ma non credi anche tu che le critiche siano state esagerate? Voglio dire: si parla tanto di fare largo ai giovani e poi una volta che fanno lavorare dei bambini ci si lamenta…

«Non vorrei che i bambini ci rimanessero male; ma se fossi il loro maestro proporrei di ripetere il compito in classe. Ne varrebbe la pena fare un altro tentativo: potrebbe uscirne un risultato migliore. E come suggerimento chiederei di metterci qualche montagna in più.»

3) Molti degli impianti che ospiteranno i Giochi del 2026 non solo sono già esistenti, ma sono pure degli appuntamenti fissi dei vari calendari di Coppa del mondo. Non pensi che sia un enorme spreco di possibili appalti?

«Sono ormai finiti i bei tempi, per fortuna, anche per gli speculatori. Anche perché adesso un grosso contributo, quasi un miliardo di euro, lo mette il Cio, che non risparmierà una marcatura strettissima al comitato organizzatore. Anche se nella finalissima di Losanna è uscita ancora sconfitta la candidatura svedese (non hanno mai vinto i Giochi invernali, peggio della Juve in Champions), che ha provato la vittoria in rimonta col modulo Ikea all’insegna del risparmio ed efficienza, noi non possiamo sgarrare.»

4) A ogni Olimpiade si parla delle nuove discipline da inserire nel programma. Non pensi che l’aver assegnato i Giochi alla Milano da bere sia l’occasione ideale per dare finalmente dignità olimpica alla gara di bombardini?

«L’importante è farsi trovare pronti a salire sul podio con talenti ben allenati. Non sarebbe bello farsi stendere dalle altre nazioni in una specialità della casa.»

5) Alcune discipline in cui gli italiani dominano in Coppa del mondo non sono nel programma olimpico: slittino naturale, sci alpinismo, sci di velocità – per non parlare dello sci d’erba, disputato in estate. Sei d’accordo che sarebbero un colpo mortale per la credibilità dei Giochi, considerando che già c’è il curling?

«Non mi toccate il curling! Lo commento da 20 anni. A Torino 2006 venne addirittura a cercarmi, per una intervista andata in onda sul canale pubblico canadese, una delle più grandi skip della storia, Coleen Jones, diventata giornalista: voleva capire come si spiegavano gli ascolti record del curling in Italia in quell’Olimpiade, in cui gli azzurri Retornaz, Mariani, Zandegiacomo e Alverà riuscirono a battere i maestri del Canada. E poi per le discipline del ghiaccio ce n’è di che divertirsi: avete mai giocato allo stock sport? I birilli sul ghiaccio.»

6) Parliamo un po’ di te: possiamo dire che, con il tuo collega Ambesi, hai contribuito all’epica di questa incredibile stagione del biathlon grazie a una telecronaca che è rimasta nel cuore degli appassionati, tanto da essere paragonata a quella di Galeazzi per l’oro degli Abbagnale a Seul: parliamo ovviamente della vittoria iridata di Dominik Windisch. Non è meraviglioso rendersi conto di come tu abbia ottenuto di più con due minuti di urla sguaiate che non con vent’anni di oneste telecronache?

«Io l’ugola l’avevo tenuta sempre ben allenata e mi ero già fatto sentire in occasione dell’oro della staffetta del fondo e di Giorgio Di Centa nel 2006, come per Cassina ad Atene 2004. L’eco dei social, un po’ di sana follia, accompagnati da un’impresa doppia memorabile sancita da quell’ultimo poligono da fantascienza, hanno giocato un ruolo determinante. Non cambierei una virgola della telecronaca di quella mass start dei Mondiali. E spero che il prossimo inverno ad Anterselva ci sia l’occasione di emozionarsi ancora.»

7) Parliamo un po’ della prossima stagione del biathlon. Complici i successi recenti e i prossimi mondiali in Italia, pare che la Rai si sia decisa a trasmettere le gare. Sei preoccupato, oppure ascoltare i commentatori Rai per esempio di calcio e ciclismo ti fa dormire sonni tranquilli?

«A dire il vero mi sembra un sogno parlare di questi possibili scenari per il biathlon, che può solo che beneficiarne in termini di popolarità. La concorrenza può essere uno stimolo in più, per fare ancora meglio. Più che altro sono preoccupato per gli altri, nel caso fossimo vicini di cabina di commento. E ancor di più se fossimo vicini di stanza d’albergo. Quella santa di mia moglie dice che russo come un cosacco. E che telecronaco anche nel sonno.»

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