L’Opinione non Richiesta – Il personaggio del Conte
Nell’ultimo decennio, è molto difficile trovare un personaggio che abbia avuto un impatto sul calcio italiano più significativo di quello di Antonio Conte, escludendo altri ex ct della Nazionale che non nomineremo per evitare denunce.
E questo prescinde dal suo già ricco palmarés e dalle sue indubbie qualità in panchina, dato che l’allenatore dell’Inter è ormai diventato un profilo che trascende il ruolo stesso del tecnico essendo entrato di prepotenza nel mainstream del nostro paese: ha un suo frasario, dei tormentoni, meme dedicati ed è persino il protagonista di un drinking game molto in voga fra i giovani che buttano giù uno shot di rum ogni volta che in conferenza stampa dice “Sotto tutti i punti di vista”.
Gli appassionati conoscevano già da molto tempo il calciatore, che per anni ha portato la fascia di capitano della Juventus sul braccio e i segni dei tacchetti di Gheorghe Hagi sulla caviglia. In bianconero il leccese ha vinto in Italia e in Europa, diventando uno dei tantissimi giocatori che veniva definito “un allenatore in campo” e uno dei pochissimi che poi c’è riuscito davvero ma sin dai suoi esordi in panchina era impossibile prevedere l’impatto che la sua personalità avrebbe avuto sul calcio nostrano (e purtroppo anche sul repertorio di Maurizio Crozza).
Eppure l’uomo che ormai sempre più spesso assomiglia a qualcuno che fa un’imitazione di Antonio Conte è tutt’altro che prevedibile in ciò che fa, sulla panchina e davanti ai microfoni: arrivato a Torino con la fama di essere un “talebano” dal punto di vista tattico, nella sua prima stagione cambiò il modulo della Juventus per ben tre volte pur di arrivare a vincere lo Scudetto e a togliersi Krasic dai coglioni.
In pochi potevano immaginare che quella stagione sarebbe stata l’inizio di una sorta di one-man show lungo una decade, iniziato con Andrea Agnelli che lo porta sulla panchina della Juventus e terminato con lo stesso presidente bianconero che gli dice di infilarsi il dito medio nel culo.
Al punto che ormai tutti quelli che si interessano di calcio, sentono quasi di conoscere questo burbero leccese dagli occhi di ghiaccio, pieno all’inverosimile di pregi e difetti.
Il lato più evidente del carattere di Conte è chiaramente la sua ossessione per il successo, che si nota da piccoli dettagli come quello relativo a sua figlia.
N.B. – Non mi riferisco alla primogenita Vittoria ma a sua sorella minore chiamata “Sconfitta” e per questo gettata da una rupe come succedeva a Sparta coi bambini deformi.
Se all’inizio la voglia di non perdere era una qualità (in molti ricordano quel famoso discorso fatto alla squadra nel 2012, quando disse che per vincere lo Scudetto il Milan avrebbe dovuto “cacare sangue fino all’ultima partita”, non prevedendo che il Milan invece avrebbe cacato sangue per altri nove anni), dopo un po’ è diventata quasi parte integrante del suo personaggio.
A ogni pareggio, o peggio ancora ogni sconfitta, corrispondevano dichiarazioni con tono da funerale o polemiche di un uomo distrutto: con la redazione abbiamo scandagliato gli archivi video di internet alla ricerca di una sua conferenza stampa post-sconfitta in cui fosse di buon umore e – quasi per miracolo – ne abbiamo trovata solo una.
Come è cambiata la percezione di Conte da parte di chi ama il calcio in questa decade?
Tralasciando il suo grande senso di appartenenza per i colori juventini, 10 anni fa era impossibile quantomeno non ammirare il lavoro pazzesco che il leccese fece a Torino nel suo triennio ma forse il suo maggior difetto fu essere una personalità troppo grande all’interno di un uomo che non regge le luci dei riflettori come, a modo loro, fanno altri profili carismatici del mondo del calcio (Mourinho, Guardiola, Wanda Nara).
La miccia forse fu accesa nell’ormai celebre conferenza stampa per commentare la squalifica dovuta al caso Calcioscommesse, in cui Conte rovesciò tutta la sua frustrazione per i 4 mesi costretto a stare lontano dai campi e a sentire le partite della Juventus col commento di Massimo Mauro.
Da quel momento in poi, un passo dopo l’altro – Dalle dimissioni, all’esperienza breve ma intensa con la Nazionale, ai titoli col Chelsea con successiva rottura traumatica fino ad arrivare all’Inter – l’impressione è che Conte sia diventato una sorta di bomba ad orologeria che ha raggiunto la massa critica nell’estate del 2020, che ha passato a fare una dichiarazione rabbiosa contro la dirigenza nerazzurra dopo l’altra nonostante un cammino in Europa League che ha portato la sua squadra a un passo dal titolo.
Da quel momento in poi, l’allenatore sembrava essersi “sgonfiato”: conscio della situazione particolare per l’intero movimento, l’ex ct è apparso più calmo, più zen, quasi distaccato nonostante gli alti e bassi dell’Inter che in questi mesi ha alternato ottimi risultati in campionato a pessime figure in Europa – con la qualificazione agli ottavi di Champions scappata solo perché Sanchez colpisce in pieno Lukaku sulla linea di porta, per ribadire fino all’ultimo quanto siano importanti gli scambi fra le punte nel gioco di Conte.
Quando sembrava che ci si fosse assestati su una sorta di calma piatta in attesa del prevedibile duello alla rusticana fra lui e i dirigenti dell’Inter in estate, è arrivata la partita di Coppa Italia contro la Juventus che ci ha ridato il Conte fumantino e combattivo di un tempo, che anni fa per motivare i suoi giocatori metteva gli articoli di giornali appesi nello spogliatoio e che ora potrebbe anche aggiungere la foto di Agnelli negli orinatoi.
Una nuova esplosione nel percorso narrativo di un personaggio che sembra prevedibile ma riesce comunque a sorprendere ancora dopo 10 anni.
Forse è quindi questo il motivo che ha reso quella di Conte una presenza costante per chi segue il calcio, che aleggia e influenza qualsiasi cosa nelle sue vicinanze, come una versione pugliese di Paranormal Activity: tralasciando ogni discorso tecnico, l’allenatore interista ha passato una decade con gli occhi di tutti addosso e rimanendo fedele a sé stesso è riuscito comunque a evolversi non perdendo mai il suo ruolo da protagonista.
E di sicuro nel 2030 staremo ancora parlando di lui, dicendo tutto il contrario di tutto, perché questo Conte è un personaggio che cambia, che è cattivo ma poi diventa buono, ‘sto Conte si trasforma, ‘sto Conte è ‘na sinfonia.
La redazione di Unfair Play, contro lo sport più ostinato.
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