A qualcuno piace Carlo

28 maggio, Madrid, ristorante “Por Juanito”. Una procace signora vestita di rosso entra nel locale. È sola, spirito inquieto, il trucco non riesce a nascondere qualche ruga che irreparabilmente ne svela l’età, i disonesti capelli biondi ne coprono parte del viso quando il capo sala le indica il tavolo. Ad attenderla c’è un noto personaggio sportivo: forse lei è l’amante, forse è la nuova fiamma o forse è solo una vecchia bambola da abbandonare in qualche cassetto.

Ancelotti: Scusi signora, il tavolo è prenotato.
Procace signora: A nome “Gianna Dlarilaio”, vero?
Ancelotti: Occristo Adriano, ma sei tu?!
Galliani: Sì sì, ssshhh, sono io, il nome della prenotazione è un anagramma del mio.
Ancelotti: In effetti è strano forte.
Galliani: Non sono mai stato bravo con gli anagrammi.
Ancelotti: Come a scegliere i terzini.
Galliani: Non l’ho capita, è un anagramma? Sei sempre il solito.
Ancelotti: Ma perché siamo qui? Ci siamo sentiti ieri, io ancora non ho deciso. Anche i giornalisti italiani mi stanno mettendo pressione, non posso mica accettare così su due piedi.
Galliani: AHAH! Accettare! Questa invece l’ho capita!
Cameriere: I signori gradiscono qualcosa?
Galliani: (rivolto a Carlo, sottovoce) Oh, pago io, nemmeno a dirlo.
Ancelotti: (al cameriere) Posso avere il menu?
Cameriere: È quello che ha in mano, signore.
Ancelotti: Intendo, posso avere il menu intero, quello che c’è scritto dentro.
Galliani: (visibilmente divertito) AHAH! Troppo grande.
Cameriere: Ho capito, il solito signore, va bene.
Galliani: (visibilmente serio)
Cameriere: Per lei invece signora?
Galliani: (con voce stridula scandendo bene le parole) Mangio qualcosas da el su plato. Esta già pransada.
Ancelotti: Ti capisce, ci ha parlato in italiano.
Cameriere: Da bere cosa vi porto?
Galliani: Acqua e lasciaci soli por favòr, àndale. (rivolgendosi a Carlo) Dicevamo?
Ancelotti: Io se accetto te lo posso dire domani, ma oggi è presto.
Galliani: Accetti cosa?
Ancelotti: La proposta che mi stai facendo da 2 settimane.
Galliani: Ma sei scemo? Mi vuoi rovinare?
Ancelotti: In che senso?
Galliani: Ma ti pare che il Milan si possa sobbarcare un ingaggio del genere?
Ancelotti: Ma mi va bene quello che mi davate nel 2008.
Galliani: Ma ora siamo nel…
Ancelotti: 2015.
Galliani: Se accettassi dovrei minimo dare le dimissioni. Minimo!
Ancelotti: Esageri dai.
Galliani: Giuro sui miei figli. I tempi son cambiati Carlo, c’è la crisi, il presidente non ha più il potere di una volta, io gli voglio bene, devo proteggerlo. Ha questi slanci d’orgoglio ma non ce la fa. Non ha più un’erezione da 7 mesi, pensa.
Ancelotti: Ma quindi tutta questa trattativa?
Galliani: Una farsa per le regionali, cazzo ma leggili i giornali. Sono anni che aiuto il presidente con giochetti così, lui non ne sa niente.
Ancelotti: E quindi?
Galliani: E quindi niente, ti dovevi fare la cazzo di operazione?
Ancelotti: Eh sì, ma poi hai insistito tanto…
Galliani: Ma no, era di facciata, pensavo capissi al volo la situazione, ma quando ho letto di “segnali d’apertura” m’è preso un colpo!
Ancelotti: E quindi che debbo fare? (affonda la faccia negli antipasti)
Galliani: E quindi mi devi dare risposta non prima di lunedì. Anzi, più in là, se no proprio il giorno dopo la chiusura dei seggi pare fatto apposta.
Ancelotti: Mercoledì?
Galliani: Perfetto. Va beh, quello che ti dovevo dire l’ho detto, io scappo che passa il bus, grazie, sei un signore come al solito. A mercoledì!

La procace signora lascia il ristorante. L’andatura è nervosa e mal cela il pizzicore di scarpe troppo nuove. Ancelotti la segue con lo sguardo, scuote la testa, forse è deluso. Il telefono squilla.

Ancelotti: Pronto? Barbara? Sì, era lui, avevi ragione, c’è cascato. Ha giurato sui figli che si dimette. I 100 milioni per il mercato chi li mette allora? Il cinese? Bene. Ci sentiamo mercoledì allora.
Ah, ti mando ricevuta del ristorante che ha fatto la scena del bus. Ma sì, dopotutto mancherà anche a me.

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