Road to Gdansk #18, Roma-Ajax
Dopo quello che per molti è stato un risultato fortuito, la Roma accoglie l’Ajax per dimostrargli che ancora non ha visto tutto. Infatti in partite così tirate serve compattezza, ma anche quella coincidenza astrale che dà fiducia: perché chiunque può mettere bene in campo il proprio team, ma nessuno può sapere dove finirà un passaggio di Pau Lopez.
Il primo tempo scorre via con i lancieri intenti a cercare di scardinare la difesa giallorossa senza grandi risultati, infatti nei primi 45 minuti i pericoli maggiori per la Roma sono figli di quella ripartenza dal basso tanto cara ai cardiologi romani.
Nel secondo tempo invece bastano una manciata di minuti al velocissimo Brobbey per infilarsi tra le maglie giallorosse e segnare senza capire bene come, correndo nel dubbio forsennatamente fino a dentro la porta e oltre, in un moto perpetuo e instancabile (fino ad Amsterdam dov’è giunto stamane con un pizzico d’anticipo sui compagni che per il rientro hanno prediletto l’aereo).
Col risultato in bilico, la pressione psicologica e un ritmo gara da alzare, le squadre devono confrontarsi anche con un arbitro Taylor in stato confusionale che inizia a elargire cartellini e gol a casaccio, rendendo ogni azione una sorta di roulette russa armata di lingua di Menelik.
Ma al 72° minuto il giovane Calafiori si esibisce in una falcata incontenibile, un dribbling ubriacante e un cross scarso che scatenano il panico nella difesa olandese, il rimpallo finisce sui piedi di Dzeko che segna l’importantissimo pari.
Nei minuti finali la Roma è così chiamata a gestire con calma e ordine la partita senza regalare nulla agli avversari, ma la situazione è estremamente tesa e accade quanto di più imprevedibile: lo fa.
Triplice fischio e l’unica italiana in Europa si vede davanti quel Manchester United che in passato ha regalato tanti dispiaceri alle squadre dello stivale. Chissà che stavolta invece non sia proprio un’italiana a regalare un dispiacere alle italiane.
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