Kobe Bryant

Kobe Bryant nasce a Philadelphia il 23 agosto 1978. Il suo nome di battesimo deriva dal prelibato manzo giapponese con cui i genitori cenarono poco prima della sua nascita. Per sua fortuna non mangiarono i Cojoni di mulo.

Figlio di Joe Bryant, trascorre parte della sua infanzia in Italia, dove il padre giocava. I primi passi cestistici li muove a Rieti, città che sarà fondamentale nel prepararlo all’impatto con Los Angeles. Poi Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia, in rigoroso ordine di noia. Dalla vita in Italia, Kobe porta con sè negli USA un italiano perfetto, tanti amici, ma anche alcuni traumi, come la simpatia per il Milan.

Rientrato a Philadelphia per frequentare la Lower Merion High School, soffia il record cittadino di punti segnati a Wilt Chamberlain e di scopate a Will Smith.
In realtà quest’ultimo apparterrebbe tuttora a Bill Cosby, ma il record non risulta omologato a causa delle note vicende legate al doping.

Decide di saltare l’università, iscrivendosi a Scienze della Comunicazione e, nel 1996, all’età di 18 anni, viene scelto dagli Charlotte Hornets, che lo girano subito ai Lakers in cambio di Vlade Divac e parte del Kosovo.

Dal 2000 al 2002 vince 3 anelli con i Lakers insieme a Shaquille O’Neal, ma i due non riescono mai a legare, nonostante la nota umiltà e l’innegabile altruismo che li contraddistingue.

Nel 2003 viene arrestato con l’accusa di violenza sessuale , dalla quale si difende confermando il rapporto sessuale, ma sostenendo che il fallo fosse di Shaq. Nel 2004, secondo i più maliziosi a seguito del pagamento di una cifra importante, la ragazza ritira le accuse inventando per lui il soprannome di Black Mamba.

Nel 2006 riesce nell’impresa di segnare 81 punti nella partita contro i Toronto Raptors, con 21/33 da due punti, 7/13 da tre, 18/20 ai liberi, 6 rimbalzi, 3 palle recuperate, 1 stoppata e soprattutto 2 assist, dopo i quali si incazza moltissimo con i compagni per non avergli ripassato la palla.

Nel 2009 e 2010 altri due titoli, uno dei quali vinto in finale contro gli storici rivali Boston Celtics, finale nella quale Bryant si aggiudica il titolo di miglior giocatore a sopportare gli insulti di Kevin Garnett.

Bryant è nella storia del basket non solo per il suo immenso talento, ma anche per il suo grande carattere e la sua famigerata etica del lavoro. Un aneddoto: la mattina dell’11 settembre 2001, mentre il secondo aereo si schiantava sul World Trade Center, lui, dall’altra parte dell’America e a due mesi di distanza dall’inizio della stagione, era già in campo ad allenarsi da due ore. O almeno, questo è quello che ha raccontato all’FBI.

Parlando invece di statistiche e record, forse non tutti sanno che Kobe, oltre ad essere il quarto cestista più prolifico della storia della NBA, risulta anche secondo nella classifica dei tiri tentati per palle toccate, anche se piuttosto staccato dall’irraggiungibile Vincenzino Esposito.

Il 28 novembre 2015 annuncia in una lettera aperta il suo ritiro: quella in corso è stata la sua ultima stagione. Nonostante un fisico ormai duramente provato, nelle partite che restavano da giocare Kobe è stato ancora in grado di stupirci con qualche impresa. Ad esempio perdere contro quei Sixers.

Il 13 aprile gioca la sua ultima partita contro gli Utah Jazz, una delle poche squadre in grado di farlo sembrare ancora spaventosamente più forte di tutti.

La sua lettera di addio al basket diventa un cortometraggio dal titolo “Dear Basketball” che nel 2018 vince addirittura un Oscar, rendendo Kobe il primo sportivo a vincere tale premio dopo la vergognosa mancata nomination di “Alex L’Ariete”.

Bryant muore tragicamente il 26 gennaio del 2020 in un terribile incidente d’elicottero a Los Angeles insieme alla figlia Gianna e ad altre 7 persone. Ve lo diciamo noi perché se leggete i quotidiani sportivi italiani potreste non aver visto la notizia.

L’unica e inutile consolazione è pensare che fosse l’unico modo per incazzarsi con David Stern dopo aver impedito il passaggio di Chris Paul ai Lakers nel 2011.

A solamente 41 anni lascia una moglie e tre figlie, innumerevoli giocatori e giocatrici di basket ispirati dal suo gioco e soprattutto milioni e milioni di fan che mentre tirano una cartaccia nel secchio della spazzatura urlano “KOBEEEEEEEEEEEEEEE”.

1,346 partite giocate, 33,643 punti segnati, 6,306 assist dati ai compagni, 5 titoli NBA vinti e un successo nello Slam Dunk Contest (lo scriviamo per far sentire importante Nate Robinson) rendono Kobe Bryant uno degli sportivi più iconici di ogni tempo.

La sua morte è la più grande tragedia ad aver colpito la pallacanestro in questo secolo.
Battendo persino il ventennio dei New York Knicks.
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